Grido Silente

Seduta su una roccia grigia osservo la superficie immobile che ho davanti.
La osservo mantenendo l’immobilità più totale, io stessa di granito grigio, inglobata nella parete come una statua ad occhi chiusi.
L’aria gelida e secca sferza il viso, ma è piacevole, quasi avvolgente.
La superficie si estende d’innanzi assorbendo ogni singolo fotone che la colpisce restituendone un altro di uguale energia.

Un altro, non lo stesso.

Colori limpidi ed immobili, congelati in un azzurro cielo tra le rocce, si riflettono a specchio senza che il minimo rumore interferisca; perfino quelle verdognole ai suoi bordi restano tanto ferme da non suscitare il minimo movimento come incastrate in una lastra di vetro talmente trasparente da scomparire. Un materiale che tende alla perfezione ed al controllo.
Il silenzio è totale avvolto in una luce tanto precisa da inchiodare ogni minimo difetto nel punto esatto dove si trova. Non c’è giudizio. Solo riflesso muto e osservatore e al pari suo, dalla mia posizione osservo con la mente i colori che risalgono da ogni cosa che mi circonda.

L’inevitabile rumore del respiro mi rende canale di ogni dettaglio, come fa il vento leggero quando descrive al buio di una fenditura quello che vede nelle sue scorribande, trasportandomi in alto nell’aria con un cambio di prospettiva che mi permette di scorgere altri particolari.

Plano sulla superficie speculare vedendo me stessa riflessa in un vortice di colori che si mischiano diventando ora nuvola ora pianta, qualche volta rapace o insetto. Mi sposto molto rapidamente per non permettere a niente di fermare la mia ricerca, cambio spesso direzione ed altezza; a volte turbino su me stessa osservando il reale e poi il riflesso finchè non si mischia tutto nella mia mente e all’improvviso mi immobilizzo tornando sulla roccia.

Faccio depositare le immagini silenti per vedere se quello che cerco sbuca dai sedimenti del fondo, ma nulla, solo uno specchio perfetto che rimanda spietatamente e senza opinione, ciò che emano io stessa.
Eppure c’è, lo sento forte come solo un grido senza suono può esserlo. E’ laggiù ma non so dove, mi fa perdere la calma, non sono più roccia fredda ed immobile, divento scintilla impaziente che si stacca dal rimbalzo delle pietre e dà propulsione ad un altro sfrenato volo a filo di specchio.

Questa volta non uso più riguardi e plano silenziosa ma determinata come non mai fino quasi a sfiorare la superficie riflettente.

Elettroni impazziti rimandano immagini da ogni direzione come una pellicola che scorre velocissima dietro al riflettore. Ancora nessun suono, solo il grido afono, stavolta terorizzato.

– Ho paura, forse mi hanno visto! Devo fare più silenzio, devo controllare ogni suono, ogni movimento, devo tornare invisibile finchè non si calma questo vento.

Tutto tace.

Continuo il mio volo più lentamente, riprendo il controllo e le distanze dalla superficie, ho perso il grido silente ma so che sono vicina. Mi basta solo un’incirnatura dello specchio e lo prendo.

Torno roccia ad osservare immobile ma stavolta con gli occhi aperti legermente socchiusi e fissi sulla superficie.

La luce cambia col passare del tempo i colori sfumano sul rosso. Questo complica le cose.

Il colore del tramondo sullo specchio ferisce gli occhi e annebbia la mente confondendola con ricordi e profumi d’infanzia.
Eravamo tutti assieme, le voci e i rumori si fanno dominanti e la mente non trova più il silenzio ma comincia a rilassarsi in sorrisi suoni e profumi di un picnic sul prato. L’odore di stalla e di fieno.
– Facciamo che io ero Luke, guarda, dobbiamo scovare una nuova tana per i ribelli e rubare i piani della Morte Nera!!
– Ok, laggiù in quel bosco! Andiamo!…
– Nonna noi andiamo là…
– Va bene ma è tardi e tra poco fa buio, restate sull’erba che poi andiamo.
– si si…
E via con la ricerca fino allo spuntare delle prime stelle. Senza pensieri, essendo solo ciò che ci andava di essere, indipendentemente da tutto e da tutti!

L’amaranto diventa scuro fino a far scomparire il cielo e le stelle iniziano il loro spettacolo.
E’ ora di rientrare.
-Ma nonna, fammi guardare ancora un po’ il cielo… vedi quella è la Via Lattea, magari ci sono le stelle cadenti…

Quando la forte luce dell’azzurro limpido cede il passo alla notte, diventi solo te stesso e puoi espanderti perchè il riflesso scompare. Non più infiniti fotoni fanno rimbalzare immagini, ma quei pochi che arrivano dalle stelle più lontane della nostra, penetrano la superficie indisturbati e illuminano il fondo.

Torna il silenzio. La mente lascia scivolare via i rumori del tramonto e ascolta suoni indaffarati.
Divento terra che frana leggermente fino alla superficie immobile increspandola.
L’incirnatura!
Mi lascio scivolare all’interno circospetta e attenta a non sfiorare nulla.
Voglio solo arrivare al grido silente.

Tutto intorno, ben nascosto sotto la superficie, c’è un mondo in fermento, bello da togliere il fiato.
Ho paura a muovermi, non voglio disturbare nulla. Divento la fiammella di una fiaccola trasportata da uno degli abitanti e con lui vado in giro per questo luogo festoso, allegro e laborioso.
Ci sono milioni di colori, lanterne, musiche e di ogni genere e balli.
Ci sono falò e amici che ridono, gesticolano ma stranamente non parlano; ci sono coppie romantiche che si abbracciano sulla riva, ci sono esseri strani che si rincorrono tra i banchi di artigiani che si sbracciano in segno di rimprovero, ma nessuno schiamazzo.
C’è un gruppo di esseri che discute animatamente, agitandosi come polipi ma senza che una sillaba sfugga dalla loro bocca; ci sono oggetti che volano e trasportano profumi, altri mezzi di trasporto futuristici che attraversano la via principale con ogni sorta di stranezza caricata su. Un’immensità di situazioni di una bellezza rara e tanto vasta che non so più dove voltarmi e la comunicazione non verbale rende tutto ancora più profondo e vivo.

L’abitante che mi tiene con se, ad un certo punto si ferma e mi deposita su un supporto infilato nel terreno.
Davanti a me si allunga una radura cupa, vuota e silenziosa, dimenticata da tutti, come fosse un parcheggio di lanterne che stanno per spegnersi.
L’abitante infatti prende una torcia nuova lì vicino e con quel che resta della mia fiammella, la accende e se ne va.

Avvolta dal buio e dal silenzio di quel luogo torno me stessa e a passi attenti mi dirigo verso la parte più scura della distesa.

All’improvviso un sussulto, un’ombra che si muove veolce e si rannicchia in un angolo ancora più cupo.

Il grido silente!

– Ehi ti ho visto! Non scappare! Mi hai chiamato tu! Ero distante, troppo distante per arrivare prima, ma ti ho sentito la notte, ti sentivo gridare in quei pomeriggi solitari, tra le lacrime di rabbia e delusione, tenuti dentro come dobloni in uno scrigno!

Cerco di fare qualche altro passo e sento ogni tanto un leggero sospiro di rassegnazione.

– Ho una forma inaspettata, lo so… più che una fatina o una cosa eterea, sembro un mozzo da cambusa, eppure sono io che ti ho sentito e vorrei solo che ti sedessi qui, difronte a me, senza paura.

Quindi mi metto a terra,  gambe incrociate e attendo.

L’ombra si avvicina, senza consistenza si accovaccia difronte a me e con un filo di voce mi dice:
– E ora che si fa?

Tutto nel villaggio alle mie spalle si immobilizza e un silenzio assurdo fissa ogni cosa in un’istantanea da album fotografico.
Mi manca il fiato, istintivamente porto una mano sulla bocca per nascondere lo stupore, mentre l’altra scarica l’energia che mi ha investito attraverso il palmo appoggiato a terra.

E’ davvero il grido silente che mi sta parlando con una voce dal timbro unico, milioni di anni luce distante da quello che mi immaginavo!

Per infiniti secondi non so cosa rispondere, poi allungo le mani, stando attenta a non toccare l’ombra, mi alzo e dico:

– Ora si comincia di nuovo, senza crederci, senza chiedere, senza niente di niente. Ora si comincia di nuovo e basta.

– Per fallire di nuovo? – E’ la replica del profondo mormorio silente.

– Che novità! Lo conosci già il tuo nemico! Fallire, essere derisi, essere giudicati.. Il tuo solito vecchio nemico, dai su, ormai non fa più paura!… Ora devi affrontare il tuo mondo, quello che ti aspetta, che vuole che tu sia solo tu, questo si che è terrificante!

Nel dire così rido e mi giro con un gesto ampio indicando la massa di esseri che si è annidiata alle mie spalle muti increduli di quello che stava succedendo.

– Questo è tutto quello che hai creato negli anni di silenzio. È il “facciamo che io ero”… E’ un mondo intero ed infinito di storie e racconti che aspettano solo che tu gli dia la voce per vivere fuori dallo specchio in cui ti sei rifugiato.
Sono qui per farti vedere che puoi uscire fuori dal tuo silenzio esattamente come sono entrata io: basta una piccola incrinatura sulla superficie riflettente. Proviamo?

– Cosa ho da perdere?

– Nulla che non puoi ricreare riprovandoci.

L’ombra si alza, dritta davanti a tutto il suo pubblico. Ha paura, una paura folle che stavolta è nelle mani, non più nella gola.
Il grido silente si è spento.
Stringe forte un bastone e con una voce vellutata ma determinata fa vibrare la terra:
– Conoscete il vostro nemico?

Luci.
Musica.
Si comincia!

Benn
12-1-25

 

 

 

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